Arabo tunisino del IX secolo(1) – Durante l’invasione musulmana della Sicilia (Siqilliyya) dell’827 d.C. Marsala fu una delle prime città conquistate dall’armata al comando del Qādī di Qayrawān, Asad b. al-Furāt. Lo sbarco avvenne il 14 giugno 827 a Capo Granitola, vicino Mazara del Vallo. Il nome Marsala trae origine dall’antica forma in lingua araba Marsa ‘Alī, che sta per "porto di ‘Alī" o, secondo un’altra versione, Marsa Allāh (مرفأ الله), il "porto di Dio".

Il suffisso arabo Marsa che sta per "Porto", ha dato origine all'attuale nome di un'altra località, Marzamemi. Secondo gli storici e studiosi delle lingue siciliana e araba, sono due le possibili forme antiche per la denominazione di questa cittadina e tre i significati originari:

a) Marsa più "memi" che sta per piccolo, quindi "Porto piccolo", a meno che, come teorizzato dallo studioso Antonio Terranova, "memi" non fosse riferimento a Eufemio ex ammiraglio bizantino che, ribellatosi all'autorità imperiale, favorì l'approdo e l'inizio della conquista della Sicilia da parte degli arabi, quindi "Porto di Eufemio;

b) Marsa e "al-ḥamāma"  insieme, secondo il glottologo netino Corrado Avolio, danno un diverso significato "porto (o baia) delle tortore" (الحمائمرفأم) perché la zona è luogo di passaggio di questi uccelli durante la primavera.

Enna era anticamente chiamata dai Saraceni, Kasr Jànna, o Qasr Yānī ( قائد ياني ), da cui poi il nome Castrianni o Castrogiovanni che rimase alla città fino al 1926 quando Mussolini le assegnò il nome Enna, di origini ancora più antiche. Questo infatti si rifà alla denominazione che la cittadina aveva all'epoca dei Sicani, Ennaan e poi durante l'età della Magna Grecia e dell'Impero romano, Henna.

Ma di località e nomi che derivano da antiche denominazioni arabe ce ne sono ben altre. Di seguito solo alcuni dei tanti esempi possibili anche perché la lista potrebbe essere molto, molto lunga.

Dinaro aureo del regno di Abū Ishāq Ibrāhīm II (899 circa)Qui a lato, per aprire una parentesi di contestualizzazione storica, l'immagine fronte-retro di un Dinaro d'oro coniato intorno all'899 sotto il regno di Abū Ishāq Ibrāhīm II (in arabo, أبو اسحاق ابراهيم الثاني‎ o Brachimo secondo la denominazione cristiano-occidentale), emiro aghlabide dell'Ifriqiya che, come in epoca romana, comprendeva l'attuale Tunisia con l'aggiunta delle aree più orientali dell'Algeria e della parte occidentale della Cirenaica.

Ibrāhīm II perfezionò la conquista islamica della Sicilia con la presa di Siracusa e, successivamente, di Taormina. L'emiro morì nel 902 di peste durante l'assedio di Cosenza. Con la sua scomparsa tramontò anche il suo progetto successivo, quello di risalire la Penisola italiana fino al saccheggio o alla conquista di Roma.

Si continua con le denominazioni siciliane di origine araba.

Ecco Calascibetta, Qal'a al Xibet, riedificata dai saraceni come accampamento fortificato e di controllo contro la bizantina - e non ancora conquistata - Henna (il caso di Calascibetta è comune a tutte le cittadine che iniziano con lo stesso prefisso -per esempio, Caltagirone, Calatabiano e Calatafimi- tutte composte dal primo termine qal'a, قلعة "fortificazione" o "castello" in arabo).

E ancora, Nicosia che per gli arabi era N.qushin. Oppure Misilmieri che dal IX all'XI secolo era Manzil el Amir (منزل الامير), "il casale -o casa- dell'Emiro -o del Principe-".

La stessa Palermo ha il suo nome in forma araba. Fu designata capitale dell’isola al posto della città-fortezza Siracusa che era la vecchia capitale bizantina (conquistata dalle truppe musulmane il 21 maggio 878 con il massacro di 5.000 abitanti e la riduzione in schiavitù della restante popolazione).

Palermo era all’epoca Balarm o Balirmu (باليرمو), conosciuta come la città delle trecento moschee, ospitante la residenza dell’Emiro, capo dell'esercito e dell’amministrazione. Nella metropoli siculo-araba stavano anche le tirāz, i laboratori dove venivano tessute stoffe di grande pregio che lo stesso Emiro faceva creare per sé, per i sudditi meritevoli e per farne dono alle ambascerie.

Tanti i fiumi siciliani ribattezzati dai saraceni e solo alcuni ne hanno conservato il ricordo nei nomi di oggi. Un esempio è il Wadi at Tin (وادي أت طين), traducibile in "fiume del fango -o dell'argilla-", ora Dittaino. O l'Alcàntara che deriva da al-quanta (القنطرة), "il ponte o arco-vaso-invaso" in arabo.

Per avere un'idea delle tante influenze linguistiche sul Siciliano, basta andare alle sezioni: "la lingua siciliana" - parte 1  e  parte 2 dove figurano le liste di vocaboli dall'arabo e da altre lingue, classificazione internazionale del Siciliano, altri nomi della geografia isolana di derivazione saracena.

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