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eloro il gigante o il timoniere di Annibale, oppure Peloro-Grifone. E la ninfa Pelorias?

La stratificazione di narrazioni e leggende lievita grazie alle vicende storiche, alle conquiste, alle contrapposizioni politiche e di culture nel corso dei secoli. Non manca mai l'amore tra gli elementi di ispirazione, ma anche la guerra, l'intreccio fra sentimenti e forza. Nel caso di Peloro, in greco πέλορος, l'ambientazione principale è sulla punta più Nordorientale di Sicilia, nell'area di Messina.

La leggenda più antica narra di Peloro come uno fra i giganti, il cui nome fu fissato per Capo Peloro poi Punta del Faro, nel territorio del Comune di Messina, una lingua bassa e sabbiosa preceduta da un promontorio, vicina ai laghi di Ganzirri. È il punto più vicino alla costa calabrese in zona Cannitello. Lo Stretto di Messina, il leggendario luogo di Scilla e Cariddi, è proprio lì davanti.

Peloro. la sua gigantesca statua nell'antichissima Messina

(qui sopra, affresco con rappresentazione di un'antica e gigantesca statua di Peloro proprio sulla punta Nord-Est della Sicilia che porta il suo nome. È un dipinto murale ellenistico in un ex piccolo santuario pre cristiano i cui resti sono ancora miracolosamente presenti nella catacomba di Santa Lucia a Siracusa)

Peloro e Κάδμος

Uno dei miti più antichi su Peloro chiama in causa Κάδμος (Cadmo). Quest'ultimo è figlio di Agenore, re di Tiro e di Telefassa, ha tre fratelli, una di questi è Europa.

Un giorno però Zeus, prende le sembianze di un toro bianco, rapisce Europa, così il Re manda i suoi tre figli Cadmo, Fenice e Cilice a ritrovare la loro sorella e sua figlia.
La ricerca non ha fine, i tre fratelli sono dispersi in lande lontanissime, due di loro hanno già dato vita a nuove popolazioni stabilendosi in regioni remote.

Prima di arrendersi Cadmo va dall'Oracolo di Delfi per capire come deve comportarsi e proprio quest'ultimo gli dice che doveva smetterla di cercare Europa, semmai deve cambiare perché il suo destino è fondare una città (sarà Tebe). Quindi, secondo quanto indicato dall'Oracolo, seguire una vacca e dare vita alla città lì dove l'animale si sarebbe fermato.

"Prendi la via attraverso il paese dei Flegrei e della Focide fino a che arrivi dal pastore dell'armento del mortale Pelagon. Quando ci sarai giunto, scegli tra le vacche muggenti quella che ha su tutti e due i fianchi un disegno bianco di luna piena. Prendila per tua guida sulla strada che dovrai percorrere. Ti do ancora una indicazione che non dovrai dimenticare: dove la vacca si inginocchierà e poserà per la prima volta la testa cornuta sul terreno, in quel punto dovrai sacrificarla alla terra immersa nell'oscurità. Dopo averla sacrificata giustamente e puramente, fonda sulla collina più alta una città dalle vie larghe e manda agli Inferi il terribile custode del dio della guerra. Così nel futuro sarai famoso tra gli uomini ed avrai come moglie una immortale, o fortunato Cadmo!".

Poteva Cadmo opporsi e prendere per pazzo l'Oracolo di Delfi? Certo che no, quindi inizia il suo vagare alla ricerca della terra col ruminante femmina.

A questo punto le leggende siciliane si fondono con quelle di Tebe.

Cadmo combatte il drago-Particolare geramica greca a figure nere 560 a.C.Cadmo alla ricerca della vacca si ferma in una delle sue tappe e viene assalito da un drago figlio di Ares (nella foto a lato, Cadmo che combatte il drago-Particolare geramica greca del 560 a.C.).

L'eroe uccide l'animale fantastico sacrificandolo ad Atena e proprio la dea gli dà un suggerimento: strappare i denti al drago morto e interrarli come fossero dei semi.

Da questi denti sotterrati ne germogliano gli Σπαρτοί, gli Sparti, agguerriti e fortissimi guerrieri dalla grande statura. Sono così facinorosi da darsi battaglia fra loro.
Da questo scontro violentissimo ne restano vivi cinque, i più possenti e valoroso. Fra questi c'è proprio Peloro oltre a  Ctonio, Echione, Iperenore e Udeo.In questo modo i cinque titani aiutano Cadmo nell'impresa di fondare la grande Tebe.

Dopo questo evento ecco che Peloro compare in Sicilia.

Capo Peloro o Punta Faro-MessinaIl gigante Peloro è una figura mitologica che è patrimonio storico-epico di Messina unendosi pure con la più tarda leggenda di Mata e Grifone.
Qui la sua figura è vista in tutta la sua grandezza e potenza, tanto che viene osservato e trasfigurato in gigante.

La sua storia prende due rotte diverse.

(foto a sinistra, Capo Peloro o Punta Faro - foto di Gilberto Gaudio, licenza Creative Commons 2.0 Generico)

Da una parte Peloro fa parte dei giganti, di quei titani sconfitti dagli dei dell'Olimpo e dopo questa mortificazione divina fu pure trasformato in roccia, quella che compare proprio sulla lingua di terra di Capo Peloro, uno dei tre promontori di Sicilia con Capo Passero e Capo Lilibeo.

Dall'altra, Peloro è rimasto nei millenni l'eterno guardiano che vigila sullo stretto, sulle acque di Scilla e Cariddi, sullo Stretto di Messina.

La ninfa Pelorias

Figura mitica estremamente antica, la Signora delle paludi, patrona dii laghi e acquitrini di questa zona settentrionale della Sicilia dei laghi di Ganzirri, Pelorias è stata rappresentata incisa dalla zecca di Messana su monete della fine del V sec. a.C. (vedi immagine sotto) ma anche durante il governo del tiranno Agatocle a Siracusa, dal 317 a.C. fin verso la morte del governatore.

Pelorias ritratta in una moneta dell'area di Messina310-288 a.C.-dietro Pheraimon armatoIn origine questa ninfa era la remotissima dea madre dall'aspetto gigantesco, caratteristica comune a quasi tutte le descrizioni del Peloro siciliano.

Anche Pelorias ha un compito difensivo dei territori che sono sotto la sua protezione, nume tutelare delle contrade messinesi. In questa missione si fa aiutare da uno dei sette figli di Αἴολος-Eolo, Pheraimon che aveva per fratelli Sisifo, Creteo, Atamante, Deione, Salmoneo, Magnete.

Simbolo di questa ninfa è la conchiglia cui fu dato il suo nome, Pelorias appunto, molto diffusa nello Stretto di Messina e zone attigue: scientificamente è la Pinna Nobilis, nota come pinna o nacchera, dalle grandi valve, lunghe fino a una sessantina di centimetri con l’interno madreperlaceo, la più grande del Mediterraneo; si attacca agli strati sabbiosi di bassi fondali marini grazie a sottilissimi fili di bisso molto delicati e flessibili che si infilano in profondità, presiose fibre che un tempo erano utilizzate nella confezione di tessuti finissimi, a modello del Bisso nell'Antico Egitto.

Da sottolineare che Pelorias è ritenuta da alcuni storici come la personificazione di Gaia Pelore. Si tratta della Grande Madre Terra greca, divinità cruciale nel plasmare l'ordine del cosmo, descritta nella Teogonia di Esiodo.

Questa entità divina consegnò a Crono la falce o zankle (da cui il nome la città di Messana Zancle/Messina), strumento affilato che lo stesso Crono usò er evirare il padre.

Peloro e Annibale

Il condottiero cartaginese ha imperversato per le terre italiche infliggendo sonore sconfitte agli eserciti di Roma e talvolta ha utilizzato anche le navi della flotta di Cartagine.

Un giorno stava navigando da occidente avvicinandosi allo Stretto, a bordo della nave ammiraglia. A reggere il timone era proprio Peloro. In quel punto le coste della Sicilia e della Calabria distano veramente poco e il condottiero punico ebbe un abbaglio, credette di essere stato condotto dentro un lago senza uscite.

Si sentiva in trappola, così se la prese con Peloro, lo uccise e lo buttò a mare

Appena dopo Annibale si accorse però di essersi sbagliato, stavano passando per lo Stretto, non era in trappola.

Volle riparare all'errore, così per rendere indimenticabile il nome del suo timoniere impose il nome Peloro a quell'estremità dell'isola facendovi erigere una statua colossale che riproducesse la fisionomia del suo pilota.

Peloro-Grifone e Mata

La successiva visione leggendaria che origina sempre nel mondo di Polifemo, Scilla, Cariddi, mescola la figura di Peloro in ambientazioni storiche successive.
Viene accomunato alla ben più tarda contrapposizione/fusione fra la cultura musulmana e quella cristiana nell'Isola.

Peloro come il gigante Grifone, personaggio leggendario del mondo musulmano di Sicilia, crudele e sanguinario che a Messina si stabilisce sui Monti Peloritani. Però proprio lì, mentre conduce una delle sue tante razzie, rimane sentimentalmente fulminato: fra la gente vede e conosce Mata, pronuncia popolare di Marta, ragazza cristiana. Il gigante se ne innamora perdutamente e la vuole... assolutamente!

Messina, i giganti Mata e GrifoneMata però lo rifiuta, lo respinge, non vuole avere minimamente a che fare con quel barbaro sanguinario, rozzo. Così la ragazza fugge.

(a lato un'immagine da Messina con i giganti Mata e Grifone)

Immaginatevi di essere quel gigante forzuto, un gran pezzo d'uomo, magari cattivello per chissà quali traumi infantili o della giovinezza. E quella Mata vi rifiuta!

Grifone diventa ancora più fetente.

La cerca ovunque e la trova anche lì dove i genitori l'avevano nascosta.

Lui insiste con rabbia, le si rifiuta ancora e la Fede la sostiene: lei prega sperando in un salvifico aiuto divino.

Ecco il miracolo. Oppure Grifone non è cattivo fino all'anima spiegando il suo ravvedimento.

Lui capisce che deve cambiare, proprio lui razziatore di città e campagne, lui senza scrupoli comprende.
Smette di fare il bandito, di massacrare e rubare, si converte al Cristianesimo.
Mata cambia idea, ne vede il lato buono, lo ammira per il passo che ha fatto fatto ed ecco nascere l'unione di Mata e Grifone che darà vita a una popolazione intera, quella rinnovata e forte di Messina. Una storia di unione fra culture e genti diverse nel segno della convivenza e maggiore ricchezza comune.

Fino a oggi i due personaggi di Mata e Grifone sono al centro di festeggiamenti religiosi, rappresentati da giganti in cartapesta portati a braccia per Messina. Una consuetudine mutuata da Barcellona e dalla Catalogna dove è tradizione dei giganti-gegantes in processione quasi ballando per le vie delle città è ben viva da secoli. Una contaminazione culturale avvenuta in questa parte dell'Isola grazie al contatto storico avvenuto durante la dominazione aragonese della Sicilia.

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